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erano buoni, anche grazie all’ottimo andamento dell’azienda, che aveva favorito la
concessione di benefici di ogni tipo, ultimo dei quali il Circolo Ricreativo.
I rapporti incominciarono a deteriorarsi per iniziativa di pochi elementi con scioperi e
atteggiamenti inconsueti, come la lettera di rimostranze della Commissione Interna sulla
sistemazione dei dipendenti nel nuovo complesso di Piazza San Carlo, non condivisa
però da questi ultimi. Comportamenti peraltro non riscontrati nel sistema bancario.
Un ulteriore aggravamento dei rapporti fece sì che una riunione del Consiglio di
Amministrazione venisse quasi interamente dedicata all’argomento con l’intervento
di tutti i Consiglieri. La decisione finale fu quella di applicare la disciplina prevista
per le Commissioni Interne. Poiché queste ultime e i relativi Delegati non erano
classificati tra gli organi sindacali, l’Istituto si sarebbe attenuto da allora alla scru-
polosa osservanza delle norme in convenzione, con la conseguenza che le infrazioni
sarebbero state passibili di sanzioni disciplinari, così come previsto dal Regolamento
per il Personale. Inoltre, dall’assunzione di detti provvedimenti, l’unico referente
della Commissione sarebbe stato il Servizio Personale e non più anche il Presidente,
come era consuetudine da tempo.
5. L’entrata in funzione della Centrale dei Rischi
È molto significativa del rigore e dell’oculatezza del San Paolo, nell’erogazione
dei crediti, la risonanza che l’Istituto diede, nella relazione di bilancio, al provvedi-
mento istitutivo della Centrale dei Rischi nel 1962 e alla sua entrata in funzione
a partire dal 1964. Così iniziava la trattazione dell’argomento: <<Considerata l’im-
portanza che subito venne attribuita a questo provvedimento, è giusto carpire una frase
di Luigi Einaudi che dice essere nato “in ausilio allo svolgimento dell’arte bancaria le
cui difficoltà sono eccezionali”>>.
L’unico obiettivo della Centrale dei Rischi era quello di ridurre i rischi dell’at-
tività creditizia, pur mantenendo il segreto bancario e le facoltà decisionali delle
banche. In parole povere, ogni soggetto affidato (persona fisica o società) andava
comunicato, unitamente all’importo dell’affidamento concesso e al suo utilizzo, dalla
banca alla Centrale, che trasformava il nome del cliente in un numero di schedario,
garantendo anche l’anonimato della banca segnalatrice.
Con questa nuova possibilità di un esame panoramico della clientela affidata fu
possibile selezionare i fidi concessi, allargandoli ai meritevoli, riducendoli a coloro i
quali avevano fatto dichiarazioni non conformi o richiesto finanziamenti per scopi
132 - IL SAN PAOLO DI TORINO - 1946-2006